Segreti di Famiglia: dove vedere la terza stagione e dove recuperare le altre?
Nel cuore umido di una sera d’inverno, Napoli sembrava trattenere il respiro. Palazzo Palladini, con le sue luci ancora accese dietro qualche finestra, era il solito palcoscenico di vite intrecciate, ma quella notte qualcosa era diverso, quasi stonato. Nella casa Poggi, il silenzio pesava più di qualsiasi litigio: Jimmy fissava lo schermo del cellulare, gli occhi lucidi, mentre le notifiche continuavano a comparire come colpi bassi. Ogni “meme” su di lui, ogni frase piena di scherno, era un graffio in più sulla sua pelle invisibile. In cucina, Niko e Manuela si scambiavano sguardi inquieti: avevano intuito che qualcosa non andava, ma non immaginavano la portata del massacro digitale in corso. Bastò che Niko gli chiedesse, con voce solo apparentemente calma, di mostrargli il telefono perché il castello di bugie di Jimmy crollasse in un attimo, travolto da una valanga di chat, foto e insulti.
Quando la verità esplose sul tavolo, insieme agli screenshot, la casa intera sembrò stringersi. Manuela passava da uno scatto all’altro, incredula: caricature crudeli, frasi feroci firmate da profili falsi, risate a catena. Al centro di tutto, un nome spiccava più degli altri: Matteo, il ragazzo che Jimmy aveva provato a definire “solo un po’ insistente”, si rivelava il regista di un bullismo sistematico. «Non è possibile che nessuno a scuola si sia accorto di niente» mormorò Niko, la voce incrinata tra rabbia e senso di colpa. Jimmy, con le mani strette attorno alla felpa, non riusciva nemmeno a piangere: era come se ormai si fosse abituato a essere il bersaglio, convinto di meritarselo. In quel momento, però, qualcosa si spezzò anche negli adulti. Capirono di aver sottovalutato un nemico che non ha volto né orario: uno smartphone sempre acceso e una folla pronta a giudicare con un clic.
A pochi metri di distanza, un altro appartamento di Palazzo Palladini stava vivendo un dramma di tutt’altra natura ma ugualmente devastante. Nella casa Ferri, il salone elegante faceva da cornice a una scena che nessuno avrebbe mai osato immaginare. Alice stava in piedi di fronte ai nonni, le braccia incrociate, lo sguardo duro come non lo era mai stato. Di fronte a lei, Marina e Roberto mantenevano la solita compostezza, ma nei loro occhi c’era un’ombra nuova: quella di chi è stato scoperto. Alice aveva appena finito di raccontare, con voce tremante ma lucidissima, quello che aveva saputo da Vinicio: pressioni, frecciate, allusioni sottili ai suoi disturbi, una raffinata campagna psicologica per farlo sentire inadeguato. Tutto orchestrato per allontanarlo da lei, per “proteggerla” da un ragazzo giudicato non all’altezza della famiglia Ferri. «Mi avete fatto credere di preoccuparvi per me» sibilò Alice, «ma in realtà vi importava solo del vostro cognome.»
Fu Elena a provare a spezzare quell’aria irrespirabile. Seduta sul bordo del divano, si tirava nervosamente una ciocca di capelli, indecisa se difendere i genitori o la figlia. «Loro… loro pensavano davvero di fare la cosa giusta» azzardò, ma la frase le morì sulle labbra quando vide il lampo di delusione negli occhi di Alice. Marina, colpita nel suo orgoglio, cercò rifugio in una delle sue frasi affilate: «Tu non hai idea del mondo là fuori, di quanta cattiveria possa distruggerti in un attimo.» Ma stavolta quelle parole si ritorsero contro di lei. «La cattiveria l’ho vista qui dentro, non là fuori» ribatté Alice, la voce spezzata. «Avete usato la fragilità di Vinicio come un’arma. Avete giocato con la sua mente, con la mia fiducia, come se foste gli unici a sapere cosa è meglio per me.» Il salone, di colpo, non fu più il tempio intoccabile del potere dei Ferri, ma la scena di un tradimento affettivo che nessun denaro poteva riparare.
Intanto, nella mente di Jimmy, quel condominio che tutti chiamavano “famiglia allargata” assumeva contorni diversi. Mentre Niko e Manuela discutevano su come reagire, se andare a scuola, denunciare, parlare con i genitori di Matteo, il bambino pensava solo a una cosa: la vergogna. Non voleva che nessuno sapesse, non voleva diventare “quello del bullismo” anche tra i grandi. «Se lo dite in giro sarà peggio» sussurrò, quasi supplicando. Le sue parole rimasero appese nell’aria, identiche a quelle che, in un’altra casa, stavano rimbalzando tra i muri. Perché anche Alice, in fondo, provava una vergogna diversa ma altrettanto corrosiva: vergogna per aver creduto ciecamente ai suoi nonni, per non aver visto quanto fossero disposti a spingersi pur di controllare la sua vita. Due ragazzi, due ferite diverse, lo stesso nodo alla gola: scoprire che gli adulti, quelli a cui dovrebbero potersi affidare, non sanno sempre come proteggerli senza distruggerli.
La notte calò definitivamente su Palazzo Palladini, ma nessuno riusciva a dormire davvero. Jimmy restò sveglio a fissare il soffitto, domandandosi se il giorno dopo qualcuno avrebbe smesso di ridere di lui. Alice, chiusa nella sua stanza, guardava una vecchia foto con Vinicio sul telefono, chiedendosi se fosse ancora in tempo per rimediare al dolore che gli avevano causato a suo nome. Marina, nel letto accanto a Roberto, fissava il buio con la fastidiosa sensazione che, per la prima volta, il suo controllo sulla famiglia le stesse sfuggendo di mano. E Niko, sul divano, sapeva che il mattino non avrebbe portato alcuna soluzione facile: tra bullismo, manipolazioni e segreti, quella piccola comunità affacciata sul golfo aveva appena scoperto quanto sia sottile il confine tra voler fare il bene e diventare, senza accorgersene, parte del male.