Michele crede che Agata abbia indicato in sogno il luogo in cui si trova il corpo di Assane.
**Michele è convinto che Agata abbia indicato in sogno il luogo dove giace il corpo di Assane**
⚠️ *Attenzione spoiler: leggi solo se vuoi sapere cosa succede davvero.*
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In una delle puntate più cariche di mistero e tensione di *Un posto al sole*, si apre un capitolo drammatico e rivelatore: Michele finisce per credere che Agata — forse senza rendersene conto — abbia sognato il luogo in cui è nascosto il corpo di Assane, e da quel sogno trae indizi fondamentali per avviare una ricerca disperata.
Il contesto è quello di un dramma che si dipana da tempo: Assane è scomparso, e il sospetto che gli sia accaduto qualcosa di grave serpeggia fra amici, parenti e ambienti pericolosi. Le piste investigative ufficiali sembrano arenarsi, le testimonianze si contraddicono e l’enigma si infittisce. Michele, determinato a scoprire la verità, si aggrappa a ogni possibile traccia — anche alle percezioni più intime.
Agata, nel frattempo, vive un momento vissuto di tormento: dorme male, è agitata, si sveglia col sudore freddo. In un sogno notturno, sotto forma di immagini confuse ma cariche di simboli, sembra indicare (con gesti, con visioni, con suggestioni) un luogo preciso — un angolo nascosto, una zona remota che fino a quel momento non era mai stata considerata. Michele, svegliato da lei nel cuore della notte, la ascolta parlare sommessamente di “acqua che scorre”, “una vecchia rovina”, “un sentiero che piega tra le pietre”.
All’inizio, Michele è scettico: come può un sogno avere più valore di dati concreti, interrogatori, mappe? Ma la forza del legame con Agata — la sua sensibilità, la sincerità con cui descrive ciò che ha visto — lo spinge a non sottovalutare quelle visioni. Le parole che lei pronuncia, anche se incerte, suscitano nel suo animo un’eco di speranza.
Decide pertanto di esplorare quel luogo “onirico” che Agata ha descritto. Inizia a comparare il racconto del sogno con mappe, fotografie, ricognizioni urbane: l’acqua che scorre potrebbe essere un canale o un piccolo ruscello; la “vecchia rovina” un edificio abbandonato, un muro decadente. Michele inizia a risalire vie secondarie, vicoli dimenticati, zone dove non credeva fosse possibile che il corpo fosse nascosto.
La ricerca diventa quasi un pellegrinaggio notturno: luce flebile, silenzi, il fruscio degli alberi, passi cauti lungo percorsi isolati. L’idea che Agata possa aver indicato inconsapevolmente la scena del crimine attraverso il sogno dà all’investigazione un respiro nuovo. Michele convoca anche amici fidati, chiede permessi, controlla accessi alle aree abbandonate, setaccia fotografie satellitari, si muove con discrezione per non allertare eventuali colpevoli.
Tra flashback e tracce, emergono particolari che sembrano confermare quel che il sogno dinanzi ad Agata suggeriva: tracce di terra smossa, rifiuti abbandonati presso un vallo, vetri infranti, resti vegetali accartocciati vicino a rocce. Qualcuno ha parlato, qualcuno ha visto luci strane in tarda ora, qualcuno ha udito rumori che nessuno ha voluto interpretare. Michele immunizza ogni dettaglio, lo cataloga, lo riconnette al sogno che Agata ha raccontato.
Ma non è un percorso facile: molte piste risultano false, i documenti consultati contengono errori, le testimonianze si contraddicono. C’è chi lo accusa di affidarsi troppo a fantasie, chi vorrebbe che mollasse la ricerca per evitare pericoli, chi teme che scavare troppo in un sogno possa mettere in moto clausole peggiori. Soprattutto però c’è il rischio che qualcuno che conosce il segreto del corpo di Assane si accorga che qualcuno sta indagando troppo da vicino.
In un momento cruciale, Michele confronta Agata: le rivolge domande specifiche sul sogno, chiede se ha visto pietre, angoli, elementi distintivi; la incalza con sensibilità, senza forzarla, cercando di far emergere dettagli che potrebbero circoscrivere il luogo con precisione. Agata, turbata, magari inizia a ricordare particolari sottili che erano rimasti impenetrabili fino a quel momento — un muro di mattoni rovinato da edera, un canale metallico, un albero isolato. Questi particolari, uniti alle sue indicazioni, guidano Michele verso un tratto di territorio fino a poco prima ignorato.
Quando Michele finalmente mette piede nell’area indicata, l’atmosfera è tragica: l’abbandono, la desolazione, la consapevolezza che quel luogo, suggerito da un sogno, potrebbe nascondere il corpo di Assane. Attraverso crepe, cespugli, rifiuti e polvere, batte ogni centimetro di terreno. La tensione cresce: ogni passo potrebbe avvicinarlo alla macabra scoperta.
E infine — con un lento movimento, quasi in punta di piedi — Michele scorge qualcosa di diverso: un profilo, un’ombra, un lembo visibile che non dovrebbe esserci. Scava con le mani, sposta terra, cade il silenzio. E nasce l’orrore: quel che trova conferma la sua convinzione: il corpo di Assane è lì. Quasi incredulo, Michele osserva il cadavere — è lui, senza dubbio. Il sogno di Agata si è trasformato in verità spietata.
Il colpo emotivo è enorme: Michele è travolto dal dolore, dalla rabbia, dalla disperazione. Ha creduto che un sogno potesse portare alla salvezza, e invece lo ha condotto alla morte. Il volto del ragazzo, le mani smosse, la posizione del corpo fanno eco alle immagini che Agata aveva visto durante la notte. È come se, in un momento ultraterreno, il sogno l’avesse spinta a indicare quel luogo che nessuno aveva mai cercato, fino a quel punto.

In quell’istante Michele sperimenta la fusione tra razionalità e sensazione: la parte di sé che indaga con strumenti terrestri e la parte che, affidandosi a un sogno, ha osato spingere i confini della realtà investigativa. Quell’unione – tanto fragile quanto potente – ha rivelato la cruda verità.
La scoperta del cadavere manda in cortocircuito ipotesi, alleanze e sospetti. Chi aveva interesse a nascondere il luogo dell’occultamento del corpo di Assane non poteva immaginare che la chiave sarebbe stata un sogno di Agata. Ora che il corpo è stato trovato, si aprono mille domande: chi lo ha sepolto lì? Perché quel preciso punto? Chi voleva che restasse invisibile, e chi lo ha spostato per sviare le tracce?
Ne conseguono conseguenze drammatiche: le alleanze malate che orbitavano attorno ad Assane vacillano, i colpevoli reali si sentono costretti a muoversi, alcuni potrebbero cercare di depistare, altri potrebbero tentare di intimidire Michele o Agata per farli tacere. Il sogno, che all’inizio sembrava una speranza, si rivela un’arma narrativa potentissima e un atto di verità che rompe il velo del mistero.
Infine, la scena si chiude sull’immagine tragica di Michele accasciato accanto al corpo ritrovato, Agata in lacrime, la profonda consapevolezza che quella che sembrava fantasia potrebbe essere stata la strada per arrivare alla verità. La rivelazione del luogo nascosto diventa un nodo drammatico che riorienta le storie, i rapporti, le vendette e la ricerca stessa di giustizia.
Così, in *Un posto al sole*, quel bizzarro incontro tra sogno e realtà segna una svolta decisiva: Agata indica inconsciamente il luogo dove giace Assane, e Michele — con coraggio e disperazione — traduce quella visione in azione concreta, trovando infine il corpo e spalancando la scena verso nuovi conflitti, alleanze infrante e rivelazioni che segneranno il futuro della trama.